Il giardino segreto: abiti vintage floreali

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L’artista giapponese Toshiro Kawase ha detto: “l’intero universo è racchiuso in un singolo fiore”. In altre parole, la sola vista di un fiore ha la capacità di aprire i nostri sensi a orizzonti di bellezza che vanno oltre l’estetica.

Se ci fate caso, i fiori sono materia ricorrente dell’arte e della moda sin dalle origini del tempo.

Oggi il nostro feed di Instagram è un tripudio di petali e boccioli, di ninfe adornate dai capelli ai piedi che danzano a ritmo di musica elettronica al Coachella festival. Ma osservare i fiori è un rito lenitivo e calmante per gli occhi e per l’anima da sempre.

L’evoluzione della stampa floreale

Le prime stampe floreali arrivano dall’Oriente, dove sbocciano le composizioni più esotiche. Dalla Cina e dalla Persia nel Seicento, le stampe sbarcano in Europa su tessuti preziosi riservati a clienti facoltosi.

Nella Francia del Settecento, la regina Maria Antonietta, grandissima appassionata di fiori, li trasforma in un vero e proprio emblema del proprio stile, riproponendoli in tutta Versailles, a partire dagli intarsi del mobilio e dai dipinti appesi alle pareti fino ai giardini del suo personalissimo Petit Trianon, oltre ai ricami finissimi dei suoi abiti e alle altrettanto lussureggianti acconciature punteggiate di germogli.

Nell’Ottocento, William Morris, artista e scrittore molto vicino al movimento dei Preraffaeliti e in particolare al capostipite Dante Rossetti, studia i motivi floreali per farne i pattern di tessuti e carte da parati di raffinata delicatezza, diventando così uno dei primi designer della storia.

All’inizio del secolo scorso, i fiori e gli elementi naturali sono l’essenza della cifra stilistica della pittrice Frida Kahlo, che li indossa tra i capelli e li integra nei ricami di gonne ampie da gitana e abiti tradizionali, così come nei suoi dipinti, simbolo di fertilità e fecondità nella cultura messicana. Di questi dice: “dipingo fiori per non farli morire”.

Negli anni ’50, Christian Dior spazza via le atmosfere cupe del dopo guerra creando il “New Look”, che restituisce alle donne una silhouette squisitamente femminile, con busto ampio, vita stretta e gonna “a corolla”. Dior è affezionato all’iconografia floreale, tanto da affermare che “dopo le donne, i fiori sono la cosa più bella che Dio ha donato al mondo”. La sua passione nasce dall’infanzia, quando passa lunghi pomeriggi con la madre immersi nei giardini inglesi della villa di famiglia in Normandia. I fiori e le piante aromatiche dei suoi giardini saranno il tema ricorrente dei ricami e dei motivi di molte delle sue collezioni.

Nei primi anni ’70, la natura è il fulcro del movimento hippie, fatto di piedi nudi e abiti lunghi e leggeri ricoperti di fiori, come li portano Ali MacGraw e Joni Mitchell. Qui i fiori rappresentano il bisogno più ancestrale di ritornare alle origini e alle libertà più intime dell’essere umano, allontanandosi da una società dura, che minimizza lo spazio della natura in favore di una crescente industrializzazione.

Vestirsi di fiori

Indossare fiori ha sempre avuto una portata di alto simbolismo, che va oltre la bellezza e il piacere estetico dell’osservazione della natura.
Garantisce una silhouette elegante, che racconta uno stile ambizioso e raffinato, più incline all’haute couture che allo streetstyle.

L’abito floreale rinfresca l’atmosfera e disegna una femminilità sofisticata, riportando al giusto equilibrio l’importanza del romanticismo senza scadere nel melenso.
In un’epoca in cui “romance is boring” (dal titolo di un album del 2010 del gruppo indie pop Los Campesinos), ridare smalto all’idillio della natura e delle sue manifestazioni è la vera ribellione.

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