Epoca Fiorucci: elogio dell’ironia

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“L’ispirazione viene sempre dai luoghi in cui si rompe l’equilibrio.” – Elio Fiorucci

Chiunque sia stato folgorato anche solo una volta nella vita dal fulmine dell’ispirazione sa cosa deve aver provato per la maggior parte della sua avventurosa vita lo stilista milanese Elio Fiorucci.

Sin da ragazzo, Elio è timido e discreto. Ovviamente, come per molti timidi, la sua mente è esattamente il contrario: coloratissima e agitatissima.

Cruciale per lui è il suo primo viaggio a Londra, che è un po’ come mettere benzina sul fuoco: lui, che è cresciuto nella placida tranquillità del Lago di Como e nella austera Milano, in una famiglia che possiede un negozio di pantofole, si trova a Londra negli anni della Swinging London, quando le strade sono tutte un fermento, le ragazze fumano e indossano le minigonne, i ragazzi sono belli e sfacciati, passeggiano per Carnaby Street, comprano ai mercatini.

Il confronto con Milano è impietoso: lì la moda è ancora impomatata, “vecchiotta”, tutta couture seria, rigorosa e classica, da sbadiglio.

Quando rientra in Italia, il giovane Elio ha solo un’idea in testa: portare a casa quella stessa rivoluzione stilistica e culturale che ha visto sulle strade di Londra e nel negozio dell’amica Barbara Hulanicki, Biba.

Come Fiorucci liberò la moda

Il modo più immediato per farlo è aprire un suo negozio, un rifugio dove rendere la moda accessibiledemocratica. Nelle boutique dell’epoca ci vanno solo le persone di un certo rango, con un certo portafoglio e una certa attitude; da Fiorucci sarebbero potuti andare tutti, i giovani ma anche le loro mamme, e avrebbero trovato qualcosa di divertente, da indossare senza pensarci troppo, esprimendo con leggerezza la propria personalità.

Il design del suo primo negozio Elio lo affida a Amalia Del Ponte, non un architetto ma una giovane scultrice e artista, che lavora con vari materiali tra cui la plastica. Sarà la prima di una lunghissima serie di collaborazioni e sinergie intellettuali con artisti da altri campi che non siano la moda, come Ettore SottsassAlessandro MendiniMichele De Lucchi. Fiorucci è curioso di tutto, come un bambino di fronte alle cose nuove, e forse sarà proprio questa la chiave del suo successo.

L’inaugurazione dello store Fiorucci è il 31 maggio del 1967, ed è un vero e proprio party come se ne vedrebbero oggi; c’è perfino Celentano,che arriva alla festa in cadillac.
Dentro, non solo moda ma anche oggetti di vario tipo, come un mercatino della domenica edgy o una galleria d’arte informale; le commesse indossano abiti colorati e sono allegre e sorridenti. “Vendiamo cose piccole, piccoli oggetti ma pieni di sentimento”, dirà Elio.

Abituati come siamo a una moda easy e pop, accessibile a tutti, oggi tutto questo potrà sembrare normale, ma per l’epoca fu una vera e propria rivoluzione. Fu Fiorucci a “liberare la moda”.

Fiorucci in negozio con le sue commesse, 1974
Photo: Everett Collection – Mondadori Portfolio – Sergio Del Grande
Image via The Cut
Elio Fiorucci con modelle
Image via Wikimedia Commons

Party, viaggi e ragazze

Il negozio di Fiorucci diventa così non solo un punto vendita, ma un luogo per incontrarsi, come una piazza ma molto, molto più cool.

A un certo punto Elio introduce nello store anche un ristorante: si servono hamburger e patatine dal Regno Unito su stoviglie Richard Ginori, vengono a cena e a bere artistiintellettualimodelle. Fiorucci è l’appuntamento dopo il teatro, chiude a tarda notte e vi si riversano vip, celebrità e personaggi alla moda da fare invidia ai club più in vista.

Nel frattempo, Elio assorbe idee come una spugna, in particolare, come la prima volta a Londra, dai suoi viaggi.
Manda il suo team in giro per tutto il mondo, alla ricerca di ispirazioni: sono i precursori del “cool hunting”, dove tutto ruota intorno a una ricerca internazionale e minuziosa di dettagli, materiali, manifatture, fantasie da rendere fruibili, da rendere moda.

Proprio durante una vacanza a Ibiza, Elio vede delle ragazze fare il bagno in mare con i jeans addosso: il jeans è ancora disegnato solo per gli uomini, e normalmente sulle ragazze fa un effetto un po’ rigido, infagottato;
ma da bagnato segue le forme femminili come una carezza, aderisce alle cosce e al lato B con una sensualità nuova, voluttuosa.

Da qui, l’idea: creare un modello di jeans che sia pensato per le donne, per esaltare il loro corpo e non nasconderlo o ingoffirlo.

Elio è un uomo che ama le donne, e come tale guarda al loro corpo con desiderio. Per questo è in grado di riconoscere e comunicare la sensualità, senza mai scadere nella volgarità ma anzi con rispetto e ammirazione, con la leggerezza dell’ironia.
La convinzione: non prendersi sul serio è sexy. Nasce così il jeans “da donna”, quello attillato che portano oggi bellezze famose e non in tutto il mondo.

Modelle indossano Fiorucci a Milano, 1974
Photo: Everett Collection – Mondadori Portfolio – Giorgio Lotti
Image via The Cut
Modella in Fiorucci, 1978
Photo: Associated – REX Shutterstock – Rex USA
Image via The Cut

Sogno americano

Quando lo store Fiorucci sbarca a New York, nel 1976, gli americani se ne innamorano.

Andy Warhol, nei suoi diari, racconta di essere rimasto colpito dal negozio di Fiorucci, tanto che lì presenta il suo progetto editoriale Interview Magazine.

Da Fiorucci uno dei commessi è il fratello di Madonna, allora ancora pressoché sconosciuta, e che continuerà a frequentare i party selvaggi dello store per molto tempo; da Fiorucci lo scrittore Truman Capote autografa i suoi libri, Jackie Onassis beve il caffè, l’artista Keith Haring firma con i suoi graffiti il restyling del negozio negli anni ’80.

L’energia di quel luogo di culto è così potente, positiva e pazzamente scoppiettante da venire definito come un “daytime Studio 54”, lo Studio 54 per il giorno.

Fiorucci con Andy Warhol
Image via NSS Magazine
Fiorucci nel suo negozio a piazza San Babila, Milano, 1974
Photo: Everett Collection – Mondadori Portfolio – Giorgio Lotti
Image via The Cut

Il concept di Fiorucci

A questo punto Fiorucci non è più solo un negozio o un brand, ma un universo.

Un universo caoticoallegroironico, super divertente, che sa prendersi in giro, dentro il quale ruotano clienti con personalità interessanti, artisti audaci, it-girl stupende e stilose, intellettuali open-minded, che indossano questa moda fatta di minigonne, bikini, galosce multicolor, jeans attillati, t-shirt folli, manette di pelo rosa.

Ma sono allegria e caos gentili quelli di Fiorucci, mai volutamente provocatori o sguaiati. Fiorucci esprime bontà d’animo e ironia, come fa il suo logo storico con i due angioletti vittoriani stretti dietro al nome del marchio.
Come dire: impariamo a prenderci in giro, a essere noi stessi, ma facciamolo con gentilezza leggerezza. Non c’è niente di più liberatorio.

Logo di Fiorucci
Image via Wikimedia Commons

Fino al 6 gennaio 2019, la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Venezia ospita Epoca Fiorucci, esposizione dedicata alla creatività dello stilista e alle sue sinergie con il mondo dell’arte e della cultura.
In mostra, abiti e accessori cult del brand provenienti dall’archivio dell’A.N.G.E.L.O. Vintage Palace.

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